[^] XX GIUGNO | Comune di Jesi

XX GIUGNO

66° Aniversario

Giornata di memoria, quella di domenica (20 giugno), per la città di Jesi che ricorda il 66° anniversario dell’eccidio di sette partigiani nella campagna di Montecappone. Vengono ricordati come i “Martiri XX Giugno” e i loro nomi sono riportati nel cippo eretto nel luogo dove vennero fucilati: Armando e Luigi Angeloni, rispettivamente di 25 e 18 anni, Francesco Cecchi e Alfredo Santinelli anch'essi di 18, Mario Saveri di 23 anni, Enzo Carboni e Calogero Grasceffo entrambi ventenni. Per commemorare una delle pagine più tristi della nostra storia, l’Amministrazione comunale e il Comitato cittadino per la difesa delle istituzioni democratiche invitano i cittadini a partecipare alle iniziative organizzate a partire dal tardo pomeriggio di domenica secondo il seguente programma: alle 19, formazione del corteo al bivio “Bellavista” di Montecappone; alle 19.15 commemorazione ufficiale presso il cippo dei Martiri XX Giugno ad opera del professor Ero Giuliodori. Un pulmino verrà messo a disposizione gratuitamente dal Comune per accompagnare quanti vorranno intervenire. Effettuerà le seguenti fermate: 18.15 in piazza della Repubblica, 18.30 presso l'arco Clementino, 18.45 in via Roma.
Quello che accadde il 20 giugno 1944 è rievocato nel volume “L’anno più lungo” dello storico locale Giuseppe Luconi.
“Sono all'incirca le sette di sera: in via Roma, all'altezza dell'edicola del Crocefisso, una trentina di giovani sono seduti avanti casa e discutono sui fatti del giorno. Improvvisamente arrivano tedeschi e fascisti, i quali, dopo aver bloccato gli accessi della via, obbligano i giovani a mettersi in fila e ad incamminarsi verso la villa Armarmi, in contrada Montecappone. Giunti alla villa, i giovani vengono rinchiusi nella brigata del colono Massacci, perquisiti, minacciati, bastonati e rimessi in libertà: tutti, meno sette, che una spia di Fabriano (una donna?) qualifica come partigiani. Contro questi sette si accanisce la rabbia nazifascista. Vengono seviziati e torturati a lungo: da lontano si odono le loro grida di dolore e di implorazione. Riconosciuti come partigiani, vengono condannati a morte, senza processo. Agli abitanti della villa e della casa colonica sono impartiti ordini perentori: nessuno esca ed ogni porta e finestra sia serrata!.
Quando i sette vengono spinti in un vallone a circa duecento metri dalla villa, sono irriconoscibili per le violenze subìte. Poi il tragico epilogo: una scarica di mitraglia ed i corpi cadono dalla ripa, rotolando. Qualcuno si contorce, tra gli spasimi estremi chiama la mamma, invoca Iddio. Allora vengono finiti coi pugnali, coi calci dei fucili: negli orecchi, negli occhi, sui petti”.

L’Amministrazione comunale

Jesi, 18 giugno 2010

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